Jail break

Jail break

Rivedere questo gioco dopo molti anni mi ha fatto capire che anche in sala giochi uscivano titoli brutti, anche da publisher eccellenti come Konami. Eppure ricordo che nel 1986 lo apprezzai, probabilmente per la fluidità della grafica e l’azione frenetica. Osservando oggi il gioco non si può che ridere. La trama è sconclusionata: durante un’evasione di massa i carcerati invece di svignarsela e nascondersi pensano bene di rapire il direttore del carcere e mettere a ferro e fuoco la città; badando bene di tenere la palla di metallo ben legata alla caviglia in modo da essere facilmente distinguibili. La polizia d’altro canto invece di eseguire un’azione coordinata ritiene opportuno inviare un singolo poliziotto armato di pistola (tanto potrà essere fornito di bazooka e granate dagli ignari passanti: vuoi che non li abbiano in borsetta?). Inoltre il poliziotto non viene calato direttamente nel penitenziario, ma dovrà camminare per 5 quartieri pieni di evasi che inspiegabilmente si sono riforniti di armi e blindati.

Dal punto di vista tecnico come già detto si ha una grafica fluida e veloce che presenta comunque dei difetti piuttosto macroscopici: ad esempio durante l’animazione di morte di alcuni evasi viene cambiato il colore dei pantaloni. Il level design è monotono con l’azione che si svolge sempre uguale a se stessa per tutti gli stage disponibili. Non sono presenti neppure dei boss di fine livello ma solo assembramenti di evasi (un po’ come in Commando di Capcom). L’audio è costituito praticamente solo da effetti sonori di qualità mediocre.

La durata del gioco è un quarto d’ora, di conseguenza è difficilissimo, tanto da risultare frustrante quasi immediatamente e di conseguenza noioso.